Una carta per uno. La mostra di carte da gioco della collezione Paola Masino al Museo di Roma, Palazzo Braschi
Antonella Sbrilli
Quando in un dipinto antico si gioca a carte, c’è spesso qualcuno che bara, nascondendo una buona carta nelle vesti, così come si vede per esempio in Caravaggio e in Georges de la Tour, e quando un artista moderno inventa un gioco con le carte sta spesso proponendo un meta-gioco, come il francese Robert Filliou che inventa le carte Feel You, il cui valore è marcato su entrambi i lati e con cui si gioca bendati.
Del resto, basta inserire le parole chiave “cards”, “game” “play” nel motore di ricerca della banca dati Bridgeman Art Library per ottenere una sfilza di immagini eloquenti: tra i primi, compaiono i giocatori di carte di Louis Le Nain, conservati nel museo di Aix-en-Provence, di cui Cézanne si ricordò per la serie dei suoi giocatori, appoggiati instabilmente al tavolino del bistrot di paese.
Arrivando all’Italia e al XX secolo, spiccano le carte iperreali sparse sul pavimento in Dopo l’orgia di Cagnaccio di San Pietro, e il Cinque di Coppe sospeso nella Donna con salamandra di Fausto Pirandello, a simboleggiare la nascita del figlio dell’artista, un 5 di agosto.
Ma la mostra Pittori del Novecento e carte da gioco. La collezione Paola Masino, visitabile fino al 30 aprile 2017 a Roma, nelle sale a piano terra del Museo di Palazzo Braschi, presenta un intreccio unico dei due fenomeni, il gioco di carte e la pittura.
Nell’esposizione sono raccolti gli esemplari delle carte da gioco che Paola Masino (1908-1989) – autrice di singolari romanzi, compagna di Massimo Bontempelli, scrittrice indipendente per scelte e temi – riuscì a farsi dipingere, nel corso del Novecento, dagli artisti e dalle artiste con cui ebbe a che fare nella sua lunga e creativa vita intellettuale.
Come si legge nel catalogo, edito da Palombi e curato – come la mostra – da Marinella Mascia Galateria e Patrizia Masini, la Masino inizia a commissionare e a collezionare le carte al principio degli anni Cinquanta e prosegue per tre decenni, anche perché gli interpellati rispondono con entusiasmo ai suoi inviti. Lo dimostrano le lettere e i biglietti visibili in mostra e lo rivelano gli elenchi delle carte via via raccolte, suddivise per semi, come formazioni di squadre. Ci sono le Coppe – fra gli altri – di Trombadori, Rosai, Maselli, Turcato, Pirandello; gli Ori di Purificato, Music, Mafai, Capogrossi; le Spade di Burri, Afro, Crippa, Consagra, Guttuso; i Bastoni di Maccari, Carrà, Gentilini, Mirko e così via per più di 350 carte.
Realizzate in tecniche diverse, tempera, olio, disegno, collage, ricamo, rispettando le medesime misure, tutte insieme costituiscono un mazzo completo di carte francesi, uno di napoletane e uno di Tarocchi, a cui si aggiungono svariati doppioni, carte in bianco e nero e alcune fuori misura. In mostra sono esposti anche due mazzi di carte da gioco commerciali con le dediche e le firme autografe di musicisti, letterati, attori, la rete straordinaria tessuta dalla Masino fra l’Italia e la Francia, fra la vita operosa cittadina e i passatempi estivi sulla costa toscana.
Ad eccezione della carta che rappresenta la Regina di Fiori, opera di Alexander Calder già portata in una mostra precedente, tutte le altre carte sono presentate per la prima volta.
Vederle allineate e guardarle una per una produce diversi proficui effetti stranianti: l’iconografia tradizionale delle carte è sovvertita dall’intervento creativo degli artisti e bisogna impegnarsi a ricondurre i moduli dentati di Capogrossi al Sette di Denari o a rintracciare il Nove di Picche disperso nella griglia rossa e blu della Maselli.
Soddisfazione e sorprese si susseguono mentre si scorre la serie dei vari mazzi e ci si accorge che la collezione della Masino è un museo in miniatura dell’arte del XX secolo, raccogliendo opere di autori postfuturisti, di pittori della Scuola romana, di astrattisti e informali.
Poiché però il vincolo della raccolta e la ratio della disposizione non sono l’appartenenza a una scuola o a una generazione, ma la sequenza dei semi e dei valori – dall’asso al re -, la linea storica ne risulta scompigliata e ricomposta in nuovo ordine, dove comanda la singolarità. Dove lo stile di ciascuno, confrontandosi col seme e il numero o la figura, si rivela in modo emblematico, esaltando il carattere più intimo e costitutivo, la partizione in riquadri di Pablo Echaurren, la foga guerriera di Guttuso, la materia, la macchia, l’impronta, la rarefazione. E reciprocamente, anche le forme delle carte tradizionali si espongono a nuove possibilità di interpretazione e collegamento.
Un’impresa geniale, quella di Paola Masino, che si è completata nel tempo, un pezzo alla volta, in una partita giocata su un tavolo lungo trent’anni. La mano passa ora ai visitatori della mostra, alle loro preferenze e alla loro voglia di entrare nella teca del gioco, nell’atmosfera magica e quotidiana insieme, che ricorda una ideale tabaccheria, luogo di spaccio di vizi e passatempi legali. Non per caso questa collezione di carte era conservata dalla sua creatrice nelle scatoline bianche delle sigarette Muratti.
Pittori del Novecento e carte da gioco. La collezione Paola Masino
Roma, Museo di Roma, Palazzo Braschi, piano terreno, fino al 30 aprile 2017
Informazioni
http://www.museodiroma.it/mostre_ed_eventi/mostre/