Il gioco è entrato ormai in pieno nel mondo dell’arte, affacciandosi in una varietà di situazioni e luoghi: i musei che incrementano attività partecipative e coinvolgenti; le esposizioni temporanee, allestite con un corredo di elementi attrattivi; le visite guidate aumentate di interazioni ludiche; le fiere-kermesse; le invenzioni cooperative e immersive degli artisti.
Il nostro blog Art-usi, dalla sua apertura, cerca di registrare questa tendenza, selezionando e commentando esempi di attività, visioni e invenzioni che si susseguono sulla scena dell’arte.
È ora il momento di segnalare il recente volume
Stare al gioco. Intermezzi ludici e replicabili tra parola e immagine, che ho curato insieme con Marco Dotti per le edizioni alfabeta2 e DeriveApprodi. Un volume sfaccettato, che raccoglie diverse voci ed esperienze sul tema: si comincia con la trascrizione di una conversazione fra Umberto Eco e Andrea Cortellessa avvenuta nel 2015, in occasione di una puntata – dal titolo Giocare – della trasmissione Alfabeta, andata in onda su Rai5.
È poi la volta di Marco Dotti (autore del Calcolo dei dadi. Azzardo e vita quotidiana, Slot City, Ludocrazia), che esplora, con incroci di dati e di interpretazioni, i fenomeni dell’azzardo, del gaming, del gambling, riassunti nel titolo eloquente di “governo (ludico) dei viventi”.
A corollario di questa analisi, si può leggere l’estratto da un libello settecentesco – finora inedito in italiano e tradotto da Maria Teresa Carbone – di Talleyrand, in cui l’abilissimo diplomatico affronta il tema delle lotterie, discutendone aspetti etici e politici.
La seconda parte del libro si sposta nel territorio dell’arte, prima con il saggio di Paolo Fabbri sulle pratiche ludiche degli artisti del Surrealismo che hanno “lungamente, seriamente, collettivamente giocato con ogni tipo di segno: il linguaggio e le immagini, scritti, pittogrammi, figure e oggetti”.
E poi con In pieno gioco. Un diario fra mostre, musei, studi e applicazioni, in cui seleziono alcuni esempi di opere ed esposizioni, di eventi e performance in cui il gioco entra in risonanza con l’arte.
L’ultima parte del libro raccoglie gli Alfagiochi, che propongo dal 2016, due volte a settimana, nella rivista Alfabeta2.
Chi legge ritroverà alcuni dei fili conduttori maggiori, fra cui l’anagramma di nomi d’artista, il rinvenimento di lettere nelle opere d’arte, il passaggio dalla scrittura all’immagine, la consultazione casuale dell’archivio della rivista, la ricerca collettiva di dettagli, di citazioni, di collegamenti. Insomma, la gamma di proposte – spesso legate all’attualità – che si sono susseguite in questi anni nella rubrica, con alcune delle risposte arrivate via posta elettronica, ma soprattutto via Twitter e a volte via Instagram: testi brevi, immagini, video, gif animate.
Anche se è impossibile mantenere la natura multimediale di queste interazioni, trasferendole sulla carta, la raccolta vale come testimonianza e invito al gioco.
La raccolta degli Alfagiochi è illustrata da una scelta di immagini: poche rispetto alla quantità di materiale inviato – ancora rintracciabile sui social network seguendo l’hashtag #alfagiochi -, ma significative della consistenza dei giochi svolti. Uno dei più frequentati è stato Alfabeta alla carta, in cui per diverse settimane lettori e lettrici sono andati in cerca della forma delle lettere che costituiscono il titolo della rivista nel libero repertorio delle immagini a disposizione; le tavole che assemblano graficamente il materiale arrivato sono state realizzate da due storiche dell’arte, Carlotta Barillà e Rudimante Belardi, che lavorano col nome collettivo di PiùPop.
A scandire le pagine del libro Stare al gioco, ci sono poi le sculture polimateriche che riproducono icone del fumetto e dell’animazione, come Pippo o Betty Boop: sono opere dell’artista Sam Havadtoy, nato a Londra nel 1952, cresciuto a Budapest, formatosi a New York, intervistato da Piero Addis in chiusura del volume.
L’osservatorio dei rapporti fra arte e gioco è aperto ai contributi di tutti i frequentatori di Art-usi.