Romanticismo-Storie II. Quadri nei libri

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Lo scrittore Antonio Tabucchi (1943-2012) ha nominato Goya in diversi racconti di finzione, cogliendo la capacità “insuperabile” del pittore spagnolo di “dipingere carneficine e capricci”.
Nella raccolta dal titolo Sogni di sogni immagina un sogno dell’artista anziano (sarebbe morto nel 1828), che riunisce uno dietro l’altro i suoi capolavori, dalle scene all’aperto rococò, alle fucilazioni, a Cronos che divora i figli, al colosso, alle figure inquietanti di megere, al cane, fino all’autoritratto.
Ecco l’inizio: 


La notte del primo maggio del 1820, mentre la sua intermittente pazzia lo visitava, Francisco Goya y Lucientes, pittore e visionario, fece un sogno.
Sognò che con la sua amante della gioventù stava sotto un albero. Era l’austera campagna di Aragona, e il sole era alto. La sua amante stava su un dondolo, e lui la spingeva per la vita. La sua amante aveva un ombrellino di pizzo e rideva on risate brevi e nervose. Poi la sua amante cadde sul prato e lui la seguì a ruzzoloni. Rotolarono sulle pendici del colle, finché arrivarono a un muro giallo. Si affacciarono al muro e viero dei soldati, illuminati da una lanterna, che stavano fucilando degli uomini. La lanterna era incongrua, in quel paesaggio assolato, ma illuminava lividamente la scena. I soldati spararono e gli uomini caddero coprendo le pozze del loro sangue. Allora Francisco Goya y Lucientes sfilò il pennello da pittore che teneva alla cintura e avanzò brandendolo minacciosamente. I soldati, come per incanto, sparirono, spaventati da quell’apparizione. E al loro posto apparve un gigante orrendo che stava divorando una gamba umana. 

Antonio Tabucchi, Sogno di Francisco Goya y Lucientes, pittore e visionario, in Sogni di sogni, Sellerio, Palermo 1992 (p. 39)

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