⌊Attività obbligatoria⌉
La Réunion des Musées Nationaux de France mette on line una scelta di immagini dei taccuini di viaggio di Eugène Delacroix:
“Queste pagine scelte raccontano il viaggio dell’artista in Africa del Nord, ma anche le sue incursioni in Inghilterra e nei Pirenei. In Marocco, si tratta di non dimenticare nulla, disegnare con la grafite o l’acquerello, annotare, registrare i dettagli delle scene quotidiane, cogliere al volo gli elementi di decorazione, architettura, costumi, paesaggi, ecc. L’immagine e il testo si intrecciano per tradurre la ricerca orientalista delle emozioni, per catturare l’atmosfera e mostrare il pittoresco. Al suo ritorno, Delacroix usò i suoi quaderni come fonte documentaria e produsse ottanta dipinti ispirati all’Oriente, i più famosi dei quali sono Le donne di Algeri e Un matrimonio ebraico in Marocco”.
Qui il link alla pagina Les belle pages de carnets de Delacroix, che si può esplorare, soffermandosi su alcuni dei disegni dell’artista.
⌊Attività facoltativa⌉
Delacroix ha lasciato anche un importante Diario (Journal), pieno di riflessioni sulla pittura, sui pittori del passato, ma anche traccia degli incontri e del panorama culturale in cui si muoveva.
Il sito della Bibliothèque nationale de France, nella sezione Gallica, permette – a chi fosse curioso – di sfogliarne un’edizione (Paris, Plon): Le Journal d’Eugène Delacroix.
Negli ultimi anni di vita, l’artista si dedica alla stesura di un Dictionnaire des Beaux Arts (Dizionario di Belle Arti), in cui definisce concetti della pratica e del pensiero artistico (classico, copie, tocco ecc.).
Nei Pensieri sulla pittura pubblicati in una raccolta di appunti nel 1865, Delacroix lascia delle riflessioni sul colore e sulla sua percezione di grande impatto per le generazioni di pittori successive:
“Osservo il muro in mattoni molto rossi nella viuzza che svolta. La parte illuminata dal sole è rosso arancione, l’ombra molto violetta, bruno rosso, terra di Cassel e bianco.
Per i chiari, bisogna far l’ombra non riflessa relativamente violetta, e riflettere con dei toni relativamente verdastri. Guardo la bandiera rossa che sta davanti alla mia finestra; l’ombra mi appare effettivamente violetta ed opaca; la parte in trasparenza sembra arancione, ma perché non vi si trova il verde? anzitutto a causa della necessità per il rosso d’avere delle ombre verdi, ma anche a causa della presenza dell’arancione e del violetto, due toni nelle cui composizioni entrano il giallo e l’azzurro che danno il verde.
La citazione è tratta dal volume di Silvia Bordini, L’Ottocento, Carocci, Roma, 2002 (p. 327)