In gioco con Maria Lai: una visita al Museo dell’Olio della Sabina di Julie Pezzali
A Castelnuovo di Farfa, a pochi chilometri da Roma, ha sede il Museo dell’Olio della Sabina., nato più di vent’anni fa con l’intento di raccontare la storia di questa terra e dei suoi miti, attraverso la cultura millenaria dell’ulivo, dell’oliva e dell’olio, simboli mediterranei di pace e longevità.
Maria Lai (1919-2013) – la celebre artista sarda nota per i suoi libri cuciti – coinvolta nel progetto, lo abbracciò fin da subito, realizzando il logo in maiolica: un’oliva verde dal contorno aperto contenente al suo interno un ovale dorato, allusione alla sacralità della goccia d’olio.
Fra i numerosi lavori di Maria che è possibile ammirare nel Museo, due si legano al gioco, tema prediletto dall’artista di cui è nota l’osservazione autobiografica: «Giocavo con l’arte con grande serietà, ad un certo punto i miei giochi li hanno chiamati arte».
Il primo è Il volo del gioco dell’oca, realizzato in mosaico, dedicato al mondo dell’infanzia e realizzato per la prima volta nel 2002 per una scuola elementare di Ulassai, suo paese natale.
Ripropone il gioco dell’oca tradizionale con un semplice percorso a spirale di 42 caselle, che Maria arricchisce con una sua filastrocca, che conduce e dà ritmo al gioco. I protagonisti della filastrocca sono un pulcino d’oca che vorrebbe volare, Pinocchio alle prese con un sillabario, riferimento alla comunicazione, e una Fata Turchina che, con la magia, farà volare il pulcino. Alcune caselle raffigurano questi personaggi, altre contengono frasi esplicative e tutte sono intrise di una forte dimensione poetica.
Il volo del gioco dell’oca accompagna il bambino in un percorso in cui l’arte, metafora della vita, offre chiavi di lettura inaspettate dell’esistenza umana ed è occasione di sviluppo del pensiero e della capacità di argomentare attraverso i simboli. Nel tavoliere di gioco, l’artista inserisce anche frasi emblematiche, fra cui “vince chi con un tiro di dadi arriva al 13”.
L’installazione, nata come opera d’arte giocabile, ha dato vita a diversi laboratori didattici e, nel 2008, ha coinvolto più di settecento allievi di una scuola di Foggia, in una delle più grandi performance realizzate da bambini in Italia.
I luoghi dell’arte a portata di mano è la seconda delle opere che Maria Lai dedica al tema del gioco come metafora dell’arte – e di vita – al Museo dell’Olio della Sabina. Si tratta di quattro mazzi di carte, raccolti in un libro-cofanetto edito da Arte Duchamp, per “argomentare l’arte, fare arte, leggere l’arte e ridefinire l’arte”. I mazzi hanno nomi suggestivi: Luoghi Comuni, Luoghi Paralleli, Luoghi Relativi, Luoghi Simbolici, dove luogo sta per spazio mentale del gioco. Le carte sono lasciate su un tavolo del Museo e il visitatore è invitato ad utilizzarle durante la visita come strumento di interpretazione e lettura delle opere e come pretesto per avviare discussioni e confronti. L’artista tenta così di accorciare una distanza, troppo spesso insormontabile, che si instaura tra opera d’arte e osservatore; cerca di educarci, in punta di piedi, all’arte.
Il mazzo dei Luoghi Relativi, composto da ventotto carte, si ispira a una tradizione contadina dell’Ogliastra. Secondo questa antica tradizione sarda, la vita dell’ulivo è riassumibile in cinque parole: sasso, solco, sole, scure, sale.
Maria utilizza queste parole come similitudini da applicare all’arte. Così, la regola del sale che recita “L’amaro sale fa dolci le olive” si associa a “L’arte ha origine nell’amarezza ma fa dolce l’esistenza”. In tal modo, l’artista costruisce un universo poetico in cui arte, vita e olio si rispondono, come strofe di una remota litania.
Lo stesso fil rouge viene seguito per l’opera Olio di parole, marchingegno di un orologio da torre, che Maria trasforma in un inno alla cultura dell’olio con l’apposizione delle stesse cinque parole, da percorrere liberamente, come un palindromo.
Il mazzo dei Luoghi Comuni propone cinquantadue carte, di cui tredici con immagini di “nodi da sciogliere”, pregiudizi e clichés ricorrenti sul valore dell’arte (ad es. Cosa significa?, Lo sa fare anche un bambino); le rimanenti si costituiscono come possibili risposte. I Luoghi Comuni ci invitano ad argomentare l’arte con ironia, attraverso rapidi botta e risposta.
Le opere di Maria nascono sempre con il desiderio di mettere in relazione, di legare – come amava fare con i suoi telai – gli uomini, le loro storie e i loro saperi per costruire mappe di orientamento del mondo. La creatività, l’arte e il gioco sono i fili che reggono questi straordinari paesaggi dell’immaginazione.
“È necessario che qualcuno ci aiuti nell’incontro con l’opera / per poi ritrovare l’opera da soli”
Julie Pezzali