Lasciata la bottega fiorentina di Verrocchio, dove si era formato, Leonardo inizia la sua attività di artista in proprio. Tra le prime opere, L’Annunciazione degli Uffizi, dal lungo taglio orizzontale. Nella pagina del museo dedicata al dipinto si sottolinea la novità dell’ambientazione all’aperto. Sai citare un’Annunciazione che si svolge al chiuso? Una ‘stranezza’ anatomica presente nel dipinto è il braccio destro della Vergine, più lungo e dalla posizione innaturale, forse per correggere la prospettiva alterata da una collocazione laterale.
Trentenne, Leonardo si trasferisce a Milano alla corte di Ludovico il Moro, potente mecenate che con alterne alleanze mirava a salvare il ducato di Milano dalle mire espansionistiche francesi. È in questo periodo che realizza importanti opere di ingegneria, che esprimono la sua capacità inventiva e progettuale (vedi Le parole per dirlo). Qui nasce l’Ultima Cena, pittura murale realizzata nel refettorio del convento di Santa Maria delle Grazie, a ricordare ai frati riuniti per il pasto l’ultima cena di Gesù. L’audio della pagina del Cenacolo vinciano introduce alla committenza, mentre in questa pagina prova a memorizzare i personaggi e comprendere le caratteristiche dell’opera. La scansione ad altissima risoluzione della parete, realizzata da Haltadefinizione, ci consente di entrare nel dipinto e notare dettagli altrimenti non visibili a osservazione naturale. Ingrandisci, per esempio, gli oggetti sulla tavola, o i riquadri sulle pareti per scoprire che si tratta di arazzi finemente decorati.
La tecnica adottata da Leonardo è tempera stesa a secco sul muro, con i pigmenti mescolati con rosso d’uovo; un adattamento di Leonardo della pittura ad affresco che ha causato cadute di colore già poco dopo l’ultimazione del cantiere. Il bombardamento di Milano nel 1943 ha fortunatamente risparmiato l’opera, ma lunghi e ripetuti restauri sono stati necessari per portarla fino a noi. Guarda in queste foto, per esempio, il suo stato nel 1901.
Leonardo è stato anche un formidabile ritrattista, attento ai ‘moti dell’animo’ (i sentimenti umani) per cui era apprezzato dai suoi contemporanei. Tra i ritratti più noti, come la Dama con l’ermellino di Cracovia e la Belle Ferronnière di Parigi, spicca una delle opere più conosciute al mondo, la Gioconda o Monna Lisa (1503-19). Lisa Gherardini, sposa di Francesco del Giocondo, è la dama dal sorriso enigmatico rappresentata sulla tavola di pioppo (attenzione: non è un olio su tela). Pur sapendo che Leonardo non l’ha portata a conclusione (“quattro anni penatovi, lo lasciò imperfetto” scrive il Vasari), il fatto che non volle separarsene mai, tornando di tanto in tanto a ritoccare il ritratto, la rende un’opera speciale tra quelle della sua produzione.
Giorgio Vasari, biografo di Leonardo e di molti altri artisti del suo tempo, scrisse della testa della Gioconda:
“chi voleva veder quanto l’arte potesse imitar la natura, agevolmente si poteva comprendere …
Avvenga che gli occhi avevano que’ lustri e quelle acquitrine, che di continuo si veggono nel vivo; et intorno a essi erano tutti que’ rossigni lividi et i peli, che non senza grandissima sottigliezza si possono fare.
Le ciglia per avervi fatto il modo del nascere i peli nella carne, dove più folti e dove più radi, e girare secondo i pori della carne, non potevano essere più naturali.
Il naso, con tutte quelle belle aperture rossette e tenere, si vedeva essere vivo.
La bocca, con quella sua sfenditura con le sue fini unite dal rosso della bocca con l’incarnazione del viso, che non colori, ma carne pareva veramente.
Nella fontanella della gola, chi intentissimamente la guardava, vedeva battere i polsi: e nel vero si può dire che questa fussi dipinta d’una maniera da far tremare e temere ogni gagliardo artefice e sia qual si vuole.”
Osserva qui i dettagli del volto: ritrovi le descrizioni elencate dal Vasari?
Nella tavola troviamo le caratteristiche principali dello stile di Leonardo. Il volto della Monna Lisa non ha una linea di contorno, ma l’incarnato si fonde con l’ambiente circostante, e gradatamente anche i colori sfumano grazie a velature che assecondano il nostro modo naturale di vedere (lo sfumato). Il paesaggio quasi arcaico è rappresentato con la tecnica della prospettiva atmosferica, per la quale la densità dell’aria (carica di umidità, polvere e rifrazioni di luce) va presa in considerazione nel rappresentare le cose lontane, che appaiono più sfocate di quelle in primo piano. Una leggera rotazione verso l’osservatore crea il contrapposto, la torsione che porta il busto e le gambe in direzioni diverse, per dare dinamismo alla postura e realismo al ritratto.
Sappiamo che Leonardo portò il quadro con sé nei vari spostamenti, fino in Francia dove morì, e che lì fu probabilmente acquistato da Francesco I. Eppure, in molti credono che la Gioconda sia stata sottratta all’Italia e ne reclamano il ritorno a casa. Così doveva pensarla anche Vincenzo Peruggia, l’italiano che nel 1911 rubò la Gioconda dal Louvre. Il caso ebbe un’eco internazionale, le indagini furono lunghe e complesse (a un certo punto fu sospettato anche Picasso), e si risolsero solo molti mesi dopo, quando Peruggia cercò di darla a un antiquario che avvisò la polizia. Questo evento riportò il dipinto all’attenzione internazionale, di cui è traccia la ‘versione’ con i baffi di Marcel Duchamp del 1919, celebre ma non certo unica rielaborazione della produzione di Leonardo da parte di artisti contemporanei.
Il dipinto è oggi collocato in un’affollata sala del Louvre di Parigi, ragione della visita al museo per milioni di turisti l’anno che però, arrivati di fronte all’opera, riescono a vederla solo da lontano e per poco tempo. Sulla questione del sovraffollamento del pubblico davanti alla Gioconda e del turismo mordi e fuggi che penalizza gli altri tesori del museo, ha scritto il New York Times, consigliando al Louvre, provocatoriamente, di rinunciare all’opera. Leggi l’articolo per contestualizzare l’opera nella sua collocazione attuale e inquadrare la problematica della convivenza tra opere d’arte di fama mondiale e turismo di massa.
Approfondisci anche l’argomento del turismo di massa nei centri storici delle città d’arte italiane.