All’American Academy di Roma è visitabile fino all’11 giugno la prima mostra italiana dedicata a June Jordan (1936-2002), insegnante, poetessa, attivista, ora riscoperta come designer. June Jordan. The poetry of design mette in luce il lavoro dell’artista dal punto di vista delle arti visive, partendo dagli archivi dell’Academy e raccogliendo dipinti, disegni, fotografie, libri illustrati e riviste.
Lindsay Harris, la curatrice (con l’assistenza curatoriale di Lexi Eberspacher) ha allestito in mostra un ritratto della prima afroamericana fellow dell’accademia, presentandola non solo nella veste di poetessa e attivista, per cui era già nota negli Stati Uniti, ma di designer, l’ambito in cui ottenne nel 1970 il Rome Prize per la progettazione ambientale, grazie al quale soggiornò a Roma per un anno.
Nelle due sale espositive viene messa in evidenza la collaborazione, dagli anni Sessanta, con l’architetto Richard Buckminster Fuller, impegnato nell’esplorazione di soluzioni mirate al miglioramento delle condizioni abitative della società, per la realizzazione di un piano urbanistico per la riqualificazione di Harlem (1969), in cui la Jordan esprime il la sua visione di giustizia sociale.
In questa direzione continua la sua ricerca in Italia; la sezione fotografica della mostra racconta i viaggi nel Mediterraneo, che attraversa con un interesse concreto per le condizioni di vita degli abitanti del sud Italia, delle isole greche, come a New York.
La sensibilità della Jordan si riflette nel poema Who Look at Me, pubblicato nel 1969 e dedicato – nei temi e nell’uso della lingua vernacolare – alla Black America e alla necessità di “abitazioni enormemente migliorate” (con le sue parole). Il volume è accompagnato da riproduzioni di dipinti di acclamati artisti afroamericani, alcuni dei quali esposti in mostra, quali Charles Alston, Colleen Browning e Alice Neel.
Da insegnante la Jordan ha saputo orientare la società verso la consapevolezza dei più deboli: docente di letteratura e poesia in college e università statunitensi, è stata autrice di libri per bambini, ha dedicato ai giovani molti versi e progetti sociali. Ha fondato e diretto il programma “Poetry for the People”, una maratona di poesia per studenti di tutti i livelli, quale linguaggio elettivo di espressione del sé e riconoscimento degli altri, ancora oggi presente nelle scuole.
Direttore del Poetry Center, in uno dei suoi corsi, The Politics of Childhood: UC Berkeley Students Redefine Abuse ha istituito un gruppo di supporto per diffondere la conoscenza dei diritti dei bambini e aiutarli a difendersi dagli abusi.
Nel ritratto di Whitfield Lovell sopra riprodotto, presente in mostra, si legge in basso, in italiano, ‘Cose che faccio nel buio’. Il verso è tratto dalla poesia These poems, in cui Jordan racconta che:
these poems
they are things that I do
in the dark
reaching for you
whoever you are
and
are you ready?
La mostra è la risposta affermativa alla domanda.
Immagine di copertina: June Jordan, Rome, 1970 (autore sconosciuto), June Jordan Papers, Schlesinger Library, Radcliffe Institute for Advanced Study, Harvard University.