D’estate ho la fortuna di incontrare giovani studenti statunitensi, che da qualche anno mi raccontano di aver seguito a scuola un corso di Global o World art history. Imparano fondamenti dell’arte egiziana, greca e romana, rinascimentale italiana, di quella impressionista francese, cinese, australiana e così via, dalla Preistoria ai giorni nostri. Durante le lezioni a scuola mi succede di uscire dai confini territoriali del manuale di Storia dell’arte e di parlare di altre civiltà, talvolta messe a confronto con quella che studiamo in quel momento, oppure in sè, come altri sguardi sul mondo. Questo post nasce da da un’esperienza fatta nella classe III liceo artistico nell’appena concluso anno scolastico 2018-19.
Per cominciare è bene far presente che la Global o World art history rientra nella vasta area dei Post-colonial studies e il termine stesso è oggetto di riforme dell’insegnamento universitario e di discussione tra gli studiosi, per i quali si delineano differenze metodologiche che si raggruppano sotto i nomi di World art history, Global art history, talvolta con histories al plurale, e World art studies. A questi corsi, nelle high school scelti dagli studenti per personalizzare il loro curriculum di studi e della durata di un term, si affianca nei college il corso di Advanced placement art history (AP art history), una introduzione alla Storia dell’arte in genere finalizzata agli studi specialistici universitari (qui Wikipedia fornisce uno schema degli argomenti).
(Sarebbe interessante mappare i Paesi in cui la Storia dell’arte è insegnata già dalle scuole superiori, come avviene in Italia, prima della scelta di indirizzo che si opera all’accademia o al college, e in quali Paesi è insegnata nelle scuole pubbliche come programma nazionale).
Per chi è interessato ad allargare i confini geografici della Storia dell’arte nelle proprie classi, c’è un libro molto utile: la Storia universale dell’arte di Mary Hollingsworth, Giunti editore, con la prefazione di Giulio Carlo Argan. Si tratta di un ricco volume pubblicato la prima volta in Italia nel 1989, a cui sono seguite un paio di ristampe.
Gli argomenti si snodano attraverso 52 capitoli dalla Preistoria alla Pop Art, con testi introduttivi sintetici, schede e molte illustrazioni. La Mesopotamia, l’ascesa dell’Islam, l’arte araba in Spagna, l’arte tribale dell’Africa, le dinastie cinesi, l’India di Siddharta, dell’Induismo e dei moghul, l’arte precolombiana, il Giappone del periodo Edo, l’impero russo di Caterina la Grande, il neoclassicismo negli Stati Uniti: tutti temi che si alternano ai capitoli più frequentati a scuola come l’Egitto dei faraoni, la Grecia antica, Roma, Bisanzio, l’Europa delle cattedrali, il Rinascimento italiano, l’Olanda del Seicento, fino all’arte contemporanea. Un glossario aiuta la navigazione del catalogo, una risorsa su cui tornare più volte per trovare materiale aggiuntivo alla lezione.
Se vi piacciono invece gli atlanti, tra i più completi vi è The Art Atlas di John Onians, professore emerito all’Università di East Anglia (da cui proviene anche Mary Hollingsworth e che vanta una specifica School of Art History and World Art Studies), allievo di Gombrich e specializzato nella geografia dell’arte dopo gli studi sull’architettura del Rinascimento. Il volume è diviso per grandi epoche e ogni epoca per continenti, con ampio apparato di mappe e grafici. L’edizione del 2008 (Abbeville Press), nella foto, segue quella del 2004 dal titolo Atlas of World Art.
Nelle mie classi ho riscontrato che la Storia universale dell’arte ci entra naturalmente per vari motivi: la presenza crescente di studenti provenienti da diverse regioni del mondo, l’uso quotidiano delle cartine appese in classe o di Google maps, l’attenzione all’attualità (scoperte, novità, aste milionarie, grandi mostre e le notizie popolari soprattutto sui social network). Un importante stimolo ce lo danno i concorsi a cui i nostri alunni partecipano regolarmente: ricordo un bel progetto grafico su una regione del Marocco interessata da una campagna di scavi del CNR di Montelibretti; più recentemente il progetto interdisciplinare #tifiamoeuropa per gli Europei di calcio under 21 del 2019, grazie a cui abbiamo realizzato un lavoro multimediale per la squadra della Serbia, l’occasione di parlare in arte della figura di Marina Abramovic. Recentemente alcuni studenti hanno chiesto di approfondire in classe temi ‘insoliti’ per la programmazione scolastica, quali i tatuaggi, i manga giapponesi, l’arte dei nativi americani. Un intero mondo di argomenti!
Da parte loro, i libri di testo stanno introducendo, sebbene timidamente, argomenti meno italo/eurocentrici, anche sulla scorta di fatti di cronaca che hanno riportato l’attenzione su siti finora sconosciuti tra i banchi di scuola: la scheda sull’area archeologica di Palmira, il paragrafo sulle moschee mediorientali, l’approfondimento sull’arte africana ‘scoperta’ durante le campagne coloniali del XIX e XX secolo. Le occasioni per sconfinare non mancano. Quando arriviamo alle cattedrali romaniche e gotiche, per esempio, lascio un po’ di tempo per parlare del sud-est asiatico, la coeva Angkor Wat della civiltà Khmer, chiamando in aiuto il personaggio di Lara Croft. Quando studiamo Piero della Francesca, faccio notare agli studenti che la sua data di morte, il 12 ottobre 1492, coincide con la data in cui si scopre l’America: una sincronia di eventi per la quale in un giorno possiamo racchiudere idealmente la fine di una stagione culturale in Italia e l’inizio dell’età moderna nel mondo.
Nei capitoli dell’arte contemporanea la mappa si amplia verso gli Stati Uniti, dove migrano molti artisti per fuggire la guerra e le persecuzioni razziali in Europa; ma anche verso il centro e sud-America (Frida Kahlo e la collezione di arte precolombiana di Diego Rivera), verso l’Asia (le stampe giapponesi), l’Africa (l’Orientalismo di Delacroix, il Primitivismo delle avanguardie) e l’Oceania (Gauguin a Tahiti, pretesto per vedere qualche esempio di arte Maori).
Quando andiamo con le classi quinte in visita alla Galleria nazionale di Roma, tra le opere che più rimangono impresse nella mente degli studenti ci sono le mappe di Alighiero Boetti, su cui talvolta torniamo in classe. E’ un’occasione per parlare dell’Afghanistan, delle ex Repubbliche socialiste sovietiche, del crollo del muro di Berlino, delle guerre in corso oggi e dei luoghi in cui speriamo un giorno di poter tornare a viaggiare. Se potessimo andare regolarmente alle Biennali Arte di Venezia, sono certa che gli alunni rimarrebbero colpiti dalla quantità di artisti non europei in mostra, una vera Global art history del contemporaneo in presa diretta.
Quest’anno abbiamo allargato le nostre vedute grazie a una studentessa di cultura cinese, che ha presentato ai compagni una lezione sulla dinastia Ming (1368-1644) a completamento dello studio del Rinascimento italiano. Attraverso immagini rare per noi, vedute aree, grafiche di supporto, iscrizioni in cinese con traduzioni a fronte – materiale davvero ben selezionato, presentato e di grande qualità – l’alunna ha offerto un’occasione di guardare al di là del libro e delle nostre frontiere culturali, di percepire un ‘Rinascimento cinese’ attraverso similitudini e differenze, mantenendo il timone del parallelismo cronologico e delle tecniche artistiche.
Dopo il successo della lezione, altri studenti di doppia cultura o nazionalità si sono riproposti di approfondire l’arte dei Paesi di provenienza; vedremo l’anno prossimo quale mappa riusciremo a sovrapporre al nostro manuale di Storia dell’arte. Alla fine della lezione volevamo andare tutti in viaggio d’istruzione in Cina, ma mi sa che non ci rientriamo con il budget.
* A proposito di storie dell’arte nel mondo, a questo link si può rispondere a 5 domande sul rapporto fra luoghi, esperienze e opere d’arte.
Ultimo aggiornamento: 24/8/2020
Immagine di copertina: Voyage Around the World’, poster for the ‘Compagnie Generale Transatlantique’, late 19th century (colour litho), Schindler, A. (fl.1905) (after) / Private Collection / Archives Charmet / Bridgeman Images