Ebook o cartaceo? Come cambia lo studio su carta o su schermo

Nelle classi dove insegno chiedo agli studenti di scaricare l’ebook del loro libro di testo di Storia dell’arte su cellulare, tablet o pc di casa. Gli editori dei manuali scolastici hanno investito molto negli ultimi anni sui contenuti digitali e alcuni permettono anche di acquistare con uno sconto il solo numero ISBN per la versione online del manuale.

Dal mio punto di osservazione, il libro digitale non è ancora decollato tra i banchi di scuola. I motivi sono diversi:

  • mancanza di connessione wi-fi aperta e gratuita per gli studenti
  • mancanza di memoria sufficiente sul proprio device per scaricare il libro e accedervi offline in classe
  • connessione lenta o inesistente a casa (ricordate il digital divide?)
  • non meno importante, i device personali richiedono sorveglianza continua in classe: a ricreazione, nei cambi dell’ora, negli spostamenti, non è sicuro, purtroppo, lasciare un tablet o un computer incustodito
  • e poi, l’ebook non puoi comprarlo usato a metà prezzo dal compagno della classe accanto.

Per questi motivi ci vuole un po’ a convincere gli studenti a intraprendere la procedura (iscrizione sul sito dell’editore, registrazione del codice del libro, download dell’ebook su un device a scelta). Una volta installata la app, però, vedo che il lavoro di lettura e consultazione del libro procede spedito. Non c’è più il problema del peso nello zaino, del compagno che doveva portare il manuale e non è venuto, e se hai un’ora libera e vuoi ripassare lo puoi fare, anche se quel giorno non hai Storia dell’arte in orario e non ti eri portato i materiali. E magari una rilettura sull’autobus ci scappa per l’interrogazione di domani.

Inoltre, l’ebook include una serie di risorse multimediali di grande sostegno per gli studenti con BES (bisogni educativi speciali); primo fra tutti l’audiolibro, per chi – come gli studenti con dislessia – preferisce ascoltare il testo invece di leggerlo. O per chi, come me, guidando verso scuola ripassa ascoltando la lezione del giorno.

I vantaggi dunque sono:

  • disponibilità sempre e ovunque (connessione e batteria del device permettendo)
  • libertà dal peso del volume cartaceo
  • accesso a risorse online che aumentano l’esperienza del libro fisico (approfondimenti, video, test di ripasso, ecc.)
  • strumenti di supporto allo studio per gli studenti BES
  • possibilità, in alcuni casi, di risparmiare sul prezzo dell’edizione cartacea.

 

(La Porta di Ishtar nell’ebook del manuale Cricco-Di Teodoro, Itinerario nell’arte, vol. 1, 2016, Zanichelli. All’interno si può visionare un video, cliccare sui link e sui rimandi alle figure, ascoltare la lettura del testo)

 

Da qualche tempo gli studenti mi chiedono il permesso di utilizzare il cellulare anche per prendere appunti, con la app ‘note’. Va in pensione il tradizionale quaderno? Non penso. Ma vedendo gli studenti lavorare su schermi e tastiere, e da fruitrice in prima persona di una quantità di testi e risorse cartacee e online, mi sono chiesta cosa cambia nell’apprendimento se un brano viene letto e studiato su una pagina di carta o un display.

La risposta l’ho trovata in un interessante libro di Mario Valle dal titolo La pedagogia Montessori e le nuove tecnologie. Un’integrazione possibile? (Il leone verde, 2017). L’autore, esperto di visualizzazione scientifica e big data al Centro Svizzero di Calcolo Scientifico (CSCS) di Lugano, ha scritto sul metodo Montessori in rapporto alle tecnologie, partendo dall’esperienza vissuta dal figlio nelle scuole della pedagogista italiana. I punti di contatto sono molti, e sono qui supportati da molti studi scientifici recenti.

Nel capitolo sulla lettura (p. 47 e sgg.), dopo aver ricordato la proliferazione crescente di parole e immagini in cui sono immersi i bambini del nostro tempo e sottolineato la dimensione fisica della lettura stessa (i movimenti degli occhi, il dito che segue la riga, l’atto del sottolineare), si entra nel merito della questione:

Quando vediamo i giovani rifiutare i libri, ci arrabbiamo e ci intristiamo. Invece dovremmo allargare le nostre vedute e considerare che, forse, i giovani rifiutano, più che il libro in se stesso, quello che il libro rappresenta:

 

 

  • un sapere lineare imposto da altri, quando sono ormai abituati a un sapere a rete condiviso
  • un testo imposto da un’autorità
  • la lettura è un’attività considerata passiva, a differenza della navigazione online

In merito alla questione lettura su carta/lettura su schermo, cita le ricerche di Anne Mangen e altri studiosi dell’Università di Stavanger in Norvegia, pubblicate nel 2013 sull’International Journal of Educational Research nel paper Reading linear texts on paper versus computer screen: Effects on reading comprehension.

Lo studio dimostra che il testo scritto su carta è lo strumento, potremmo dire la tecnologia, migliore per l’apprendimento. “In uno dei suoi studi Anne ha chiesto a un gruppo di volontari di leggere lo stesso testo su un e-reader o su carta. Chi aveva letto il libro cartaceo ricordava meglio la trama e riusciva con meno sforzo a mettere gli eventi nelle giusta sequenza. L’effetto potrebbe essere correlato alla necessità di ‘tenere il filo’ di ciò che leggiamo. Su carta abbiamo molti indizi fisici ad aiutarci, per esempio, possiamo ricordare che un fatto si è compiuto quando eravamo quasi all’inizio o a circa metà del volume. Il testo elettronico invece non ci aiuta a percepire quanto manca alla fine del libro o a che punto siamo, perchè il testo appare sempre uguale.”

La questione testo lineare/non lineare – evidenziata dal titolo dello studio – era emersa già venti anni fa con la messa a punto dell’ipertesto, termine con cui si intende un testo strutturato in una rete di potenziali letture correlate, esplorabili grazie a link su parole ‘sensibili’ con tempi e sequenzialità personalizzabili, non imposti dalla pagina stampata. Per fare un esempio noto, è un ipertesto una voce Wikipedia con i suoi molteplici rimandi interni ed esterni all’enciclopedia. L’ipertesto è oggi un metodo di scrittura e lettura talmente diffuso e assimilato che il termine comincia a non sentirsi più. Mi chiedo allora, se lo stesso studio norvegese fosse ripetuto oggi, a distanza di cinque anni, darebbe gli stessi risultati?

Rispetto a qualche anno fa il testo digitale è molto più presente nella mia giornata, e certamente lo è di più di quello cartaceo, quando lavoro al computer, quando leggo il giornale online o le informazioni dai social network, quando scarico un pdf sul tablet. Ed è disponibile con un’immediatezza e grazie a un’accessibilità ai dati in costante crescita. Di contro, e qui torniamo alle parole di Valle, online o su schermo abbiamo la tendenza a leggere con velocità e la vista si affatica a causa della luminosità dei display non sempre ottimale. Insomma, la questione è aperta e gli argomenti a supporto di chi è pro o contro lo studio su schermo sono molteplici.

La lettura su schermo implica anche un particolare atteggiamento culturale, nota Valle:

” […] anche se non ce ne rendiamo conto, sovente ci poniamo di fronte a uno schermo con un’impostazione mentale meno aperta all’apprendimento rispetto a un libro tradizionale, riducendo così l’efficacia dello studio.”

 

 

Un atteggiamento che fatichiamo a superare e che coinvolge anche in ambito accademico il problema della validità delle pubblicazioni scientifiche online per concorsi e valutazioni dei titoli, fin quando le istituzioni non normeranno la validità degli studi apparsi su siti, blog, riviste, ebook per renderli equivalenti ai testi stampati su carta.

In una recente intervista pubblicata sul Sole 24 Ore, la scienziata neurocognitiva Maryanne Wolf amplia la nostra visione sugli effetti della lettura su carta o schermo e parla della necessità di apprendere la bi-alfabetizzazione, ovvero la capacità di selezionare il tipo di lettura che ci occorre:

«È impossibile tornare indietro, ma forse c’è il tempo di una pausa per prendere consapevolezza di dove stiamo andando, di che cosa stiamo facendo con la tecnologia, e di che cosa la tecnologia fa a noi», ammonisce. L’obiettivo di Maryanne Wolf è far evolvere nelle nuove generazioni un cervello bi-alfabetizzato, in grado di leggere in modi distinti, usando la velocità quando è necessario, ma riservando tempo ed energie anche alla lettura profonda.

 

Torniamo in classe. Come spesso si dice, l’importante non è tanto la tecnologia in sé, ma ciò che quella tecnologia permette di fare, i problemi che risolve (e quelli che può creare). Mentre guardo gli alunni seguire la lezione e prendere appunti con il cellulare, penso che questo li rende attenti – forse è la novità di usare il telefonino in classe – e che il numero di prese elettriche presenti in aula deve assolutamente aumentare.

 

*Per un approfondimento sul tema si veda anche l’articolo Nativi digitali: analfabetismo che non ti aspetti pubblicato su Puntoinformatico.

**E’ uscito circa a metà del 2020 in Italia l’interessante libro Che cosa vediamo quando leggiamo, scritto da Peter Mendelsund, apprezzatissimo art director di importanti case editrici statunitensi. Pur non trattando i diversi tipi di supporto di lettura – carta o schermo – tocca temi complementari a questo post: il modo in cui occhio e mente collaborano nella lettura di un brano e la formazione delle immagini mentali nell’approccio alla finzione narrativa. Consigliato, anche per la mirabile grafica che sostiene, completa e talvolta ingloba, letteralmente, i contenuti testuali.

Ultimo aggiornamento 24/10/2020