Dimmi come giochi e ti dirò che architetto sarai. L’architettura dei giocattoli nel nuovo numero di Engramma

Possono i giochi e i metodi educativi dell’infanzia condizionare il pensiero e lo stile degli artisti da adulti?
E più in particolare, possiamo dire che gli artisti e gli architetti dell’avanguardia sono in debito con il mondo dell’infanzia? A queste domande abbiamo provato a rispondere con Antonella Sbrilli nel nuovo numero di Engramma, il 213, dedicato all’architettura dei giocattoli, raccontando le teorie di Juan Bordes, artista, docente, collezionista spagnolo (lo trovate citato qui nel blog in diversi post).

Nel nostro contributo troverete un approfondimento sulla riforma dei metodi educativi dell’infanzia tra Otto e Novecento, per poi entrare più nel dettaglio negli studi di Bordes sugli artisti e gli architetti delle avanguardie e i loro giochi.

Come scrivono le curatrici Fernanda De Maio e Giuseppina Scavuzzo nell’editoriale, non è la prima volta che la rivista dell’Università di Venezia si occupa di gioco, stavolta con un focus sui giocattoli e la loro influenza nell’approccio costruttivo, combinatorio, degli architetti:

Con questo numero – che potrebbe anche intitolarsi Architectus Ludens, come recita il titolo di uno dei contributi che parafrasa il celebre studio di Johan Huizinga – si è proposta ai lettori di Engramma e in particolare alla comunità scientifica degli architetti e degli studiosi di architettura e arte – un’indagine sull’analogia tra quella che Juan Navarro Baldeweg, in una bella presentazione della collezione di giocattoli di Juan Bordes, chiama la cassetta degli attrezzi dell’architetto – e in generale dell’homo faber – e le scatole da costruzioni per bambini.

Buona lettura!