La casa editrice Bernacca Immagine – specializzata in grafica d’autore – ha da poco pubblicato un volume dal titolo Da 1 a 1. Un album dei primi anni ’80 disegnato da V’Eletti.
Come dice il sottotitolo, si tratta di un album di disegni, realizzati dall’allora illustratore Valerio Eletti tra il 1979 e il 1981: cinquantacinque disegni a china raccontano per immagini e associazioni di immagini la sequenza dei numeri interi, da uno a cento, da mille e milleuno a milioni, fino alla suggestione dell’infinito, per poi tornare indietro all’unità, seguendo percorsi nell’immaginario visivo “collettivo”.
Sul filo conduttore dei numeri, infatti, si appoggiano i disegni di figure, di cose e di situazioni ad essi collegate, per convenzioni accettate comunemente (i 10 comandamenti, le mille e una notte…), per associazioni di idee personali, per cortocircuiti fra linguaggi e media.
Il conteggio avanza con dei salti che vanno dalle unità alla decina, al centinaio, al migliaio, ai milioni, all’infinito e, da lì, alle stelle, quelle del firmamento e quelle del cinema, della musica pop e della moda, in un turbinio di figure che si richiamano, si ripetono, slittano una nell’altra come in una lanterna magica stampata in forma di libro.
Tutti i disegni che compongono le tavole del libro sono disegni al tratto, realizzati con il rapidograph, e hanno una caratteristica precisa: sono presi a ricalco dal repertorio dell’illustrazione, del fumetto, del manifesto, delle arti figurative di molti secoli.
Nella tavola dedicata al numero 1, per esempio, c’è la figura del Creatore, ripresa dalla scena della creazione dei pesci e degli uccelli nel Duomo di Monreale; voltando pagina, il 2 affianca alla figura divina quella di un diavolo, mentre nella pagina sinistra si intravede il simbolo binario per eccellenza, il cerchio di Yin e Yang.
A pagina 3 compaiono le tre grazie, appoggiate su un triangolo, e così avanti, tavola dopo tavola, in una alternanza di vuoti e pieni, bianchi e neri, linee continue e tratteggi, segni spessi e segni sottili.
L’album pubblicato ora ha una lunga storia: risale al progetto di un libro commissionato quarant’anni fa dall’editore Mazzotta di Milano a Valerio Eletti, che all’inizio degli anni Ottanta – dopo una carriera nel campo della ricerca in Fisica – lavorava per varie testate come illustratore (col nome di V’Eletti), producendo immagini improntate all’idea di prelevare forme e dettagli dal repertorio visuale e combinarle in nuovi insiemi, unificandole grazie a uno stile grafico elegante e continuo. Come scrive Maria Antonella Fusco nell’Introduzione, si tratta di “un segno che ridisegna le immagini”.
In questa operazione stilistica e intellettuale possono convivere – sullo stesso riquadro bianco – la linguaccia del logo dei Rolling Stones, un fauno di Bearsdley, la sagoma del pifferaio di Manet, quella di Tex Willer, due donnine di Aleardo Terzi, una figura impossibile di Escher, una formella, i semi delle carte da gioco e così via.
A cavallo fra gli anni Venti e Trenta del Novecento, venati di Surrealismo, Max Ernst aveva creato storie di sole immagini, incollando con precisione certosina le figure ritagliate dai romanzi d’appendice illustrati: il primo e assai celebre è La femme 100 têtes (anche qui c’è un numero, il 100, che in francese ha lo stesso suono della parola “senza”, raddoppiando così i significati della frase). L’effetto ottenuto da Ernst con i suoi collage è straniante, ammicca alle condensazioni inquiete del sogno e alle ambiguità dell’enigma.
Sessant’anni dopo Ernst, l’assemblaggio lineare di Valerio Eletti è attraversato dall’atmosfera postmodern, che fa convivere con agio sulla stessa superficie forme di provenienza lontanissima, mitiga i contrasti in nome di un piacere sinottico, uno sguardo d’insieme che abbraccia tempi diversi e le loro icone.
Quel libro, che sarebbe dovuto uscire con un’introduzione di Gillo Dorfles – un critico sensibile ai temi delle mode e delle mescolanze dei gusti – non venne terminato; le tavole originali conservate con cura per anni sono riemerse da poco dall’archivio di Valerio Eletti (che, per inciso, ora è direttore editoriale della rivista “Storia dell’arte”), e Bernacca Immagine le ha pubblicate nel formato quadrato di un album portatile.
Oltre a testimoniare visivamente un periodo, fra gli “anni di piombo” e “la febbre del sabato sera”, il volume si presenta anche – scrive sempre Fusco – come un “racconto disegnato”, un’esplorazione di sé, un confronto con i modelli.
A chi lo sfoglia, il piacere di rintracciare, di riconoscere, di smontare il montaggio di citazioni, di immaginare per esse un altro ordine. E anche, volendo, di riflettere su come si formano le catene di associazioni e di memorie e su come ogni genere di immagine può diventare un meme, che si muove sulle linee del tempo e del disegno.
Una spiegazione dell’andamento e del ritmo dei disegni si può leggere nell’articolo di Valerio Eletti, DA1A1. 1980, un viaggio di immagini e associazioni di idee, pubblicato nel numero 150 (ottobre 2017) della rivista Engramma.