Che si è detto alla giornata su Videogiochi e Musei a Roma

L’ 8 marzo 2019, in una Roma bloccata da scioperi e manifestazioni, in molti ci siamo rifugiati volentieri nella sala conferenze del Museo nazionale romano di Palazzo Massimo per la giornata dedicata a Videogiochi e Musei. Strategie approcci ed esperienze per l’utilizzo dei videogames nei musei, organizzata dalla Direzione Generale Musei del Ministero per i Beni e le attività culturali, Cnr – DSU, Istituto Luce Cinecittà, RomeVideoGameLab in collaborazione con Aesvi.

Presenti in sala professionalità diverse e trasversali: educatori, personale museale e delle amministrazioni pubbliche, sviluppatori, giornalisti e ovviamente giocatori. C’eravamo anche noi di Art’Usi, citati da Alessandra Gobbi (nella foto), funzionario della Direzione Generale Musei del Mibac, nel suo intervento sui videogiochi nei musei e nei luoghi della cultura, in particolare per i giochi realizzati per le mostre multimediali del Cerchio dell’arte al Centro Trevi di Bolzano.

Cosa si è detto negli interventi?

Ad aprire i lavori il Direttore Generale Musei Antonio Lampis, attento sin dai primi anni Novanta al dialogo delle nuove generazioni con la cultura e i musei, al racconto del patrimonio che dia chiavi di accesso per simbologie complesse, agli aspetti cognitivi delle pratiche ludiche, in cui l’emulazione, la ripetizione, l’iterazione con varianti è un aspetto rilevante e comparabile con la pratica artistica.
L’AgiCult ha sintetizzato in questo articolo i saluti di apertura:

Videogames, Lampis (Mibac): importanti per creare un ponte tra patrimonio e giovani generazioni

A confronto con la rassegna organizzata dal Rome Video Game Lab lo scorso anno a Cinecittà (rassegna che si terrà anche quest’anno dal 10 al 12 maggio, stessa sede, sotto la direzione di Giovanna Marinelli, moderatore degli interventi del pomeriggio), i temi emersi sono in parte nuovi, con un anno in più di esperienza nel settore, e in parte ricalcano quelli del 2018, di cui vi avevamo parlato qui.

Riassumendo:

  • aumentano le produzioni di videogiochi (chiamiamoli con termine estensivo “applied games”) per i musei e i luoghi culturali e le figure professionali che se ne occupano, che all’interno delle amministrazioni pubbliche provengono dagli studi umanistici (archeologi, storici dell’arte);
  • si delineano le buone pratiche, i decaloghi, le regole d’oro, segno di una prassi che si va consolidando e che viene condivisa anche in giornate di studio come questa;
  • nuove problematiche si profilano con maggiore evidenza, come la durata di vita di un videogioco installato nel museo, per il rapido progredire delle tencologie in rapporto agli spesso ingenti investimenti in denaro, per la necessità di formare adeguatamente il personale, indispensabile in alcuni casi a rendere i giochi fruibili (un esempio: la realtà virtuale, per cui occorre un addetto per ogni giocatore);
  • una sfida crescente riguarda l’accessibilità alla strumentazione di molteplici giocatori contemporaneamente; il pubblico si sta abituando a trovare zone di interazione videoludica nelle sale dei luoghi culturali e la sua disponibilità alla comprensione per lunghi tempi d’attesa o problemi tecnici, pertanto, diminuisce;
  • si cominciano a includere videogame designers nello staff museale (come al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia ‘Leonardo da Vinci’ di Milano);
  • e torna il problema della manutenzione della strumentazione, soggetta a fatale obsolescenza, a causa di carenza di figure professionali adatte al compito.

Gli interventi di Augusto Palombini (ricercatore CNR) e Antonio Tarasco (dirigente DG Musei) hanno sollevato alcune questioni in merito ad aspetti legislativi e burocratici, come le norme che regolano nella pubblica amministrazione le figure professionali che si occupano dei videogiochi, le tipologie e l’applicabilità dei contratti tra la pubblica amministrazione e i privati, la gestione dei budget e dei ricavi, il crowdfunding.

Segnaliamo infine l’interessante riferimento agli studi sulla embodied museography, tema su cui Sarah Kenderdine, esperta di patrimonio culturale digitale (digital cultural heritage), sta lavorando da diversi anni. Qui le sue lectures per approfondire.

Rispetto ai panel del 2018, ci è sembrato fosse assente il tema dell’education e della formazione, e in particolare la scuola, invece protagonista negli incontri di Cinecittà. Sebbene ormai gli studenti di varie età siano coinvolti nella produzione di videogiochi, come tester, secondo noi la sfida per il futuro è coinvolgerli anche nella realizzazione della sceneggiatura e come autori, non solo fruitori finali.

Appuntamento allora a maggio a Cinecittà.