Se si va in cerca del catalogo dell’opera di Aldo Spinelli – artista giocatore, collezionista e curatore nato a Milano nel 1948 – non si trova un volume monografico con saggi critici e illustrazioni a tutta pagina. Quello in cui ci imbatte, invece, è una raccolta di figurine, un vero album di cento figurine. Pubblicato dall’editore per antonomasia degli album da completare, Panini di Modena, il catalogo-album è uscito nel 2008, con la firma (o meglio, con la “forma della firma” dell’artista, eseguita a macchina e stampata da plotter) e con il titolo Collezione nella prima pagina di copertina e Collazione nell’ultima.
Un album di figurine e un cambio di vocale fra due verbi contigui: chi viene in possesso dell’album ha subito la conferma che sta entrando nel terreno del gioco, quel fenomeno che – come ha scritto Stefano Bartezzaghi – mette tra virgolette tutto il resto. Al posto dei saggi e delle fotografie, dunque, nell’album di Spinelli si trovano appositi spazi numerati in cui bisogna incollare – dopo essersele procurate anche con scambi di doppioni – le riproduzioni adesive delle sue opere. La didascalia di cui è corredata ogni figurina spiega con sintesi essenziale la regola e la natura di ciascun lavoro e la sua relazione con gli altri. Come un ipertesto, l’album è autosufficiente in quanto a informazioni e immagini, e come un ipertesto, la sua lettura non si ferma alla superficie, ma chiede ai lettori-giocatori di partecipare attivamente al completamento della raccolta e alla sua esplorazione, instillando in loro “la contagiosa ed epidemica idea della collezione”.
Messi in risonanza, affrontati in diagonale, smontati e rimontati, l’arte e il gioco si affacciano ovunque nelle invenzioni di Spinelli, richiamando e rimescolando modelli artistici e ludici.
I giochi enigmistici, i giochi da tavolo, i giochi di carte, così come i grandi maestri, Queneau, Perec, Boetti, Ben Vautier, Hofstadter (di cui l’artista è amico e complice in diverse occasioni creative ), sono rivisitati à la manière de Aldo Spinelli.
I versi dell’Infinito di Leopardi, anagrammati, formano Il fintino; le cifre figurate di Leonardo da Vinci, ricombinate, danno origine a rebus che si risolvono con parole moderne; il quadrato magico di Boetti Immaginando tutto si trasforma in Immutando attingo; e poi cruciverba che si autodescrivono, puzzle perfetti, labirinti di parole, forme ricorsive. Una lunga e variegata ricerca, declinata sempre nella direzione dell’autoreferenzialità dell’arte, “che non scopre né inventa nulla se non il suo continuo guardarsi allo specchio e la sua vicinanza con il gioco per la sua inutile gratuità, che comunque genera piacere”.
Una parte di questa ricerca in bilico fra arte e gioco ha intercettato le forme del libro.
Il libro come oggetto di collezioni particolari; il libro come volume cartaceo da cui ritagliare lettere ricombinabili: il libro come supporto per esperimenti sulla scrittura e il tempo.
Come collezionista, Spinelli ha raccolto e continua a raccogliere – oltre a giochi d’artista di autori come Broodthaers o Filliou, e a oggetti quotidiani quali matite, fogli, graffette, scontrini – anche diverse tipologie di libri.
Dal primo incontro con Alice nel paese delle meraviglie, commentato da Martin Gardner, Spinelli ne colleziona edizioni disparate, fra cui in ebraico, in estone, in svedese, fino al latino di Alicia in terra mirabili. Un’altra raccolta comprende saggi e romanzi il cui titolo è formato da una sola eloquente lettera dell’alfabeto, fra cui “W” di Perec e un libro dello stesso Spinelli dedicato alla lettera “e”.
“Vorrei che vi meravigliaste non solo di ciò che voi leggete, ma del miracolo che ciò sia leggibile”: è una frase di Nabokov che Spinelli cita nella sua mostra Vedere e Leggere (2010) e che si trova anche – in una catena di parentele necessarie – in esergo a un capitolo centrale del libro I neuroni della lettura (2007), dello scienziato cognitivo Stanislas Dehaene.
Il miracolo della lettura per Spinelli si carica anche dello stupore per l’equilibrio e lo squilibrio fra vedere e leggere, che fa oscillare la mente fra la forma delle lettere e gli spazi che si creano fra di esse. Ed ecco che leggere si rivela imparentato con l’atto di occupare superfici in modi regolari o bizzarri, con il gesto di piegare le pagine, con l’azione di contare e classificare lettere, segni di interpunzione, spazi interpolati e così via.
Come autore, ha prediletto la forma ridotta del libro o del quaderno per esperimenti su testi che descrivono se stessi, i così detti loopings: per esempio, nel “looping 16” ogni pagina dichiara il numero di lettere presenti su un’altra pagina scelta a caso.
Altri lavori, appoggiati sulla successione discreta delle pagine, sono dedicati al rapporto fra tempo e scrittura. Fra tanti, spicca Per congiungere un dì ad un altro dì (esposto anche alla mostra Dall’oggi al domani. 24 ore nell’arte contemporanea, al Macro di Roma, 2016).
La spiegazione di Spinelli recita: “Per congiungere un dì a un altro dì basta scrivere dal tramonto all’alba questo testo che non è altro che il calcolo di quante volte esso stesso può essere scritto in quello spazio di tempo”. Nelle pagine il testo si ripete per 190 volte, tante ne sono entrate nella notte del 21 luglio 1973, mentre il buio lasciava il posto al chiarore del giorno successivo.
Artista giocatore e artista gioc abile: bastano le istruzioni per l’uso, di cui ogni opera è corredata, per contagiarsi e cominciare a leggere contando, ritagliando, interpolando testi e forme in un gioco di riflessi e ricreazioni di cui Aldo Spinelli è magister.
Fra le ultime mostre:
Aldo Spinelli. Parole e figure. Biblioteca Classense di Ravenna, 2016 Curata dallo stesso artista, in collaborazione con Daniela Poggiali, Mara Sorrentino, e Dino Silvestroni, l’esposizione presenta 92 libri e una ventina giochi realizzati da Spinelli nel corso di cinquant’anni di attività.
Bisordine, Museo Archeologico Civico L. Bruzza e Museo Leone di Vercelli
(a.s.)