“Paesaggio, mamma-con-bambino, fulmine”: è probabile che, leggendo questa terna di parole, ci venga in mente il quadro di Giorgione, La Tempesta.
E se le parole fossero: “cestino-da-picnic, donna nuda, uomini-con-barba” forse il pensiero andrebbe alla Colazione sull’erba di Edouard Manet.
“Statua, palla, guanto” sono sufficienti a farci visualizzare Il canto d’amore di Giorgio de Chirico.
Le cose si fanno più complicate con “striscia-rossa, fondo-azzurro, 12 macchie-nere”: sarà un’opera di Kandinskij o di Miró?
Nell’epoca dei tag e delle parole chiave, anche l’arte della descrizione in parole dei quadri (il suo nome letterario è ecfrasi) si abbrevia vertiginosamente, a uso dei motori di ricerca e della comunicazione condensata in un piccolo riquadro di schermo.
Quali sono i tre elementi che consentono di intuire di che opera d’arte sta parlando qualcuno, senza vedere l’originale o la sua riproduzione? Tre parole sono sufficienti a richiamare un’immagine condivisa?
Nel numero del 9 luglio 2017 della rivista Alfabeta2, ho proposto un gioco legato alla descrizione breve di un’immagine artistica.
Il gioco, dal titolo #treparoleunquadro, ha avuto due modalità, una diretta e lineare; l’altra diffusa e social.
La prima consisteva nell’indovinare a quale dipinto corrisponde la seguente sintetica descrizione: “giorno, notte, controluce”.
La seconda forma di gioco invitava a descrivere un quadro (o un’opera d’arte di qualunque tecnica) in tre parole e lasciare che gli altri giocatori facessero le loro proposte di soluzione, in modo che ognuno potesse essere proponente di una terna e solutore delle proposte altrui.
Le risposte e le proposte arrivate da giocatori e giocatrici danno da pensare su diversi punti: tre parole sono abbastanza per sguinzagliare la memoria visiva sulle tracce di una tipologia di opere con qualche affinità fra loro, ma che cosa indirizza verso l’immagine giusta? Quali tecniche di descrizione e di soluzione vengono usate?
Comparando – anche empiricamente – le strategie, è perso che il gioco funziona se le tre parole non sono né troppo rivelatrici né troppo criptiche, né troppo centrali, né troppo periferiche.
Per esempio, la terna “ali, lotta, mani giunte” proposta da Mario (@mariollemm) ha indirizzato noi solutori prima verso La principessa e il drago, poi verso la Lotta di Giacobbe e l’angelo e infine al dipinto La visione dopo il sermone di Gauguin.
“Bivio, vetrate, campanile” ha suscitato subito la risposta giusta, La chiesa di Auvers, di Van Gogh, perché – come nota Giuseppina Zizzo – il termine bivio è decisivo. A questo link, altre varianti.
Si è giocato su Twitter con l’account @alfabetadue e con gli hashtag #treparoleunquadro #alfagiochi, seguendo i quali ancora si possono rintracciare le proposte e le soluzioni.
AS