Surrealismo. Quadri nei libri

 

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Oggi Susan si è messa a parlare di arte, di un tizio surrealista che dipingeva piccoli uomini d’affari che fluttuavano in cielo e mele grandi come stanze intere: Magritte. Ha detto che il Surrealismo è di gran moda in questo momento: “Avrà una fase di popolarità di non più di 10 minuti; dopo, lo scipperanno le agenzie pubblicitarie che lo useranno per vendere telefonate urbane e formaggio aerosol”. Probabilmente andrà proprio così. 

Poi Susan è andata avanti dicendo che la prima volta che se n’è sentito parlare, qualunque anno fosse, il surrealismo sembrava una storia eccitante, perché la società aveva appena scoperto il subconscio e quello era il primo e unico modo che la gente aveva per rappresentare visivamente il funzionamento del subconscio umano.
Poi Susan ha detto che il problema veramente GRANDE al giorno d’oggi è che alla tv e sulle riviste le immagini che vediamo, anche se sembrano surreali, “non sono davvero surreali, perché sono solo scelte a caso e dietro non c’è nessuna volontà subconscia che le produce”.
Questo mi ha fatto riflettere: e se le macchine avessero un subconscio?

Douglas Coupland, Microservi, (Microserfs, 1995), tr. it. N. Vallorani, E. Guarneri, Feltrinelli, Milano 1998, p. 60

Questa citazione è tratta da un romanzo dello scrittore e artista canadese Douglas Coupland, nato in Germania nel 1961. Il libro – dal titolo Microservi – racconta in forma di diario le vicende di un gruppo di impiegati e programmatori informatici della Microsoft di Bill Gates nei primi anni Novanta, fra ricerca di identità, riflessioni sul lavoro e sui cambiamenti del mondo.
Nel testo si incontrano i gusti e la cultura artistica di una generazione e la “fortuna” di artisti, fra cui Magritte.

Il pittore belga è citato per le opere paradossali, il cielo infestato di uomini vestiti da ufficio e le mele gigantesche: il primo riferimento è al quadro Golconda del 1953, il secondo a Stanza d’ascolto del 1952, conservati nella Menil Collection di Houston, Texas. Il museo possiede una ricchissima collezione di opere surrealiste, in particolare di Magritte: fra di esse una versione de Il tradimento delle immagini.
Nel romanzo, il riferimento alla pubblicità è interessante, sia perché negli anni Venti Magritte ebbe a che fare (controvoglia)  con l’attività pubblicitaria, sia perché alcune sue opere, con i loro meccanismi retorici (la parte per il tutto, l’iperbole, l’ossimoro, la metonimia, l’iterazione, la prolessi ecc.) sono state – e sono ancora – d’ispirazione per grafici, art director, pubblicitari.
Anche il dilemma dell’inconscio delle macchine è uno spunto che collega il presente digitale e robotico con alcune riflessioni delle avanguardie sulle tecnologie.

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