Arte e LEGO: una nota di Riccardo Borelli

L’iconico mattoncino LEGO, da semplice gioco per bambini, sta sempre più evolvendo e si sta  trasformando in un medium artistico utilizzato non solo da costruttori dilettanti ma anche da veri e propri artisti.
Per un “costruttore”, il sistema LEGO, non diversamente da un pennello, uno scalpello o una macchina fotografica, è semplicemente uno strumento creativo. La pletora di parti e modi di usarle rende il sistema un mezzo eccezionalmente flessibile di espressione artistica. Basti pensare che le combinazioni possibili che si possono realizzare con soli 6 mattoncini 4×2 sono 915.103.765.

L’uso del mattoncino come medium artistico si inserisce nel solco di una tradizione che dalla metà del Novecento, in particolar modo tra gli anni Sessanta e Ottanta, rivaluta l’uso del giocattolo non più come elemento accessorio, ma come elemento protagonista del fare artistico. A essere rappresentati e impiegati infatti non sono giocattoli qualsiasi, ma specifici prodotti riconoscibili e firmati. A determinare questo mutata attenzione è la pop art. Il suo principale esponente, Andy Warhol, sposta l’attenzione sull’aspetto esteriore degli oggetti, sulle loro forme e sui loro colori. L’indagine della serialità diviene uno dei suoi strumenti preferiti (basti pensare alle Brillo boxes o ai barattoli di zuppa Campbell), e cosa c’è di più seriale di un giocattolo industriale, prodotto in massa e identico a sé stesso?
L’arte deve adattarsi al mutarsi dei tempi e ai nuovi linguaggi comunicativi. A comunicare sono infatti anche la televisione, i fumetti e la pubblicità. L’invisibile perde di peso e l’interesse si focalizza sulla superficie. I luoghi tradizionali dell’arte quali musei, gallerie, spazi riservati a cultori, intellettuali e simili sono banditi. Il pubblico diviene il centro nodale e per raggiungerlo si esplora un nuovo territorio fatto di oggetti della quotidianità (Arnaldi, 2017).
Il LEGO è perfettamente in linea con queste caratteristiche: è un prodotto seriale, oggetto della quotidianità e ha permesso all’arte di uscire dai musei per entrare nelle case di ciascuno di noi dove ognuno può creare la sua “opera”.

Oggi, più che mai, i prodotti determinano la propria presenza sul mercato attraverso i significati e il valore simbolico che assumono. Per questo motivo, un numero crescente di aziende sta cercando di arricchire marchi e prodotti con nuovi valori e messaggi culturali. Gli aspetti culturali di prodotti e marchi sono così rilevanti che ultimamente diverse aziende e organizzazioni hanno mirato a collegare l’arte e il business per migliorare sia la società che le prestazioni aziendali (Dell’Era 2010).

Seguendo questa linea, LEGO ha avviato il suo programma LEGO Certified Professional (LCP) con l’assistenza di alcuni scultori LEGO professionisti, o per esser più precisi, con i fan LEGO più appassionati di quel momento.
Nel 2005, Sean Kenney è diventato il primo LCP; nel 2019 gli LCP sono 14 in tutto il mondo. Questi professionisti usano i mattoncini LEGO e si dedicano in maniera diversa all’ arte e al design. Realizzano opere d’arte, sculture per libri e musei per bambini e prendono commissioni per vari eventi commerciali come sculture per marchi famosi o semplicemente per la vendita di prodotti LEGO (BranD, 2014).

Il programma LEGO Certified Professionals può essere in qualche modo assimilato ad un programma di artisti residenti.  Il concetto di “Artisti residenti” è infatti sempre più aperto e fluido. Comprende ora un ampio spettro di attività e impegni. Sempre più spesso le residenze sono tematiche, con gli artisti residenti che lavorano con altri artisti, scienziati e professionisti di una vasta gamma di discipline e settori e/o che lavorano all’interno di comunità definite su temi specifici. Le residenze degli artisti possono richiedere un risultato tangibile, come una produzione artistica, una mostra o un progetto  (EU 2016).

Ma può il LEGO essere arte? Secondo Roy T. Cook (Cook 2009), professore di filosofia dell’University of Minnesota, la risposta è sì. Nella sua opinione se dovessimo adottare una definizione “istituzionale” di arte, questa è un qualcosa che viene identificato come tale da scuole, musei o critici affermati. Non ci sarebbe quindi dubbio sulla risposta corretta: il LEGO è arte.


Dopotutto, molte creazioni in mattoncini sono state esposte dagli Adult Fan of LEGO (AFOL) come opere d’arte in gallerie, musei, caffetterie e altri luoghi pubblici.
Ne è un esempio la mostra di Nathan Sawaya al Lancaster Museum of Art.
Leon Kerr che con il suo EGO Leonard (una gigantesca minifigure), “che è a casa in tutto il mondo e si sente lo stesso ovunque”, trasmette un messaggio di universalità essendo esposto sulle spiagge di tutto il mondo. Inoltre, numerosi artisti affermati hanno, di tanto in tanto, utilizzato il LEGO come materia prima per le loro creazioni. Ad esempio, l’artista polacco Zbigniew Libera nel 1990 ha ricreato scene dei campi di concentramento nazisti. Ai Wei Wei ha sfruttato e continua a sfruttare le potenzialità del mattoncino per le sue denunce politiche e sociali.

Jan Vormann con il suo progetto Dispatchwork realizza una serie di interventi riparatori del contesto urbano realizzati con mattoncini LEGO.

Quindi, sempre di più, il mondo dell’arte è disposto a concedere il titolo di “Arte” a pezzi costruiti con mattoncini LEGO.

Il LEGO piace. È, per natura, strumento di “costruzione” della creatività. Ma è allo stesso tempo, per la sua capacità di attraversare i decenni, un’immagine nota, riconoscibile e riconosciuta da più generazioni, passibile di essere, allo stesso tempo, mezzo e protagonista delle opere di artisti in tutto il mondo. Per la sua versatilità e la capacità di essere un gioco senza tempo e senza età, nel tempo si è prestato a nuove evoluzioni e nuove sfide (Arnaldi, 2017).

Forme, colori e contenuti diversi, ma tutti accomunati dalla volontà di sfruttare al massimo le potenzialità del piccolo grande mattoncino in ABS.

Riccardo Borelli
(autore della tesi di laurea triennale I LEGO Certified Professionals: gli artisti ‘quasi’ residenti della LEGO, discussa alla Sapienza Università di Roma, Dipartimento SARAS, nell’a.a. 2018-19)

Qualche lettura sul tema:

A LEGO counting problem: http://web.math.ku.dk/~eilers/LEGO.html

Arnaldi V., LEGO e altri giocattoli. Le idee che l’arte ha “rubato” ai bambini, Ultra edizioni, Roma, 2017.

BranD, The narrative of arts– Reports, 2014(F), pp 154-166.

Cook R., LEGO as Art, 2009 disponibile a: http://twinlug.com/wpcontent/uploads/2009/02/LEGO_as_art.pdf

Dell’Era C., Art for Business: Creating Competitive Advantage through Cultural Projects. Industry & Innovation., 2010(17), pp 71-89.

EU, Policy handbook on artists’ residencies, European agenda for culture: work plan for culture 2011-2014-Study – Open Method Of Coordination (OMC) Working Group of EU member states experts on artists’residencies, 2016.

Sbrilli A., In pieno gioco. Un diario fra mostre, musei, studi e applicazioni in, a cura di Sbrilli A., Dotti M., Stare al gioco. Intermezzi ludici e replicabili tra parola e immagine, alfabeta2 e DeriveApprodi, Milano, 2019.