Si può usare Instagram per studiare la storia dell’arte?
Noi ci abbiamo provato in classe (una quarta del liceo artistico Angelo Frammartino di Monterotondo, Roma) e pensiamo che la risposta sia: assolutamente sì.
Da un breve sondaggio tra gli studenti, Instagram è risultato il social network più diffuso, e così abbiamo provato a capire come poterlo utilizzare per approfondire l’argomento che stavamo studiando, il bellissimo soffitto affrescato da Pietro da Cortona a Palazzo Barberini a Roma con il Trionfo della Divina Provvidenza. Ecco quello che abbiamo capito.
Tra i social network più adatti a incontrare la storia dell’arte grazie alla sua natura di vetrina di immagini, Instagram si presta:
– come metodo di studio
Abbiamo immaginato di postare la foto dell’opera sui nostri account personali; quali parole, termini o hashtag avremmo utilizzato, prendendo in considerazione il periodo, l’artista, il luogo, l’opera, la tecnica, ecc.? Dopo un primo brainstorming abbiamo selezionato gli hashtag che ci sembravano più pertinenti, e siamo andati sulla piattaforma per confrontare quelli utilizzati dagli altri utenti.
Ne è nato un thesaurus di parole chiave, in italiano e in inglese, la lingua più diffusa in Instagram e abbiamo sperimentato un metodo utile per l’analisi dell’opera e il ripasso, con l’aggiunta dell’ampliamento delle competenze nella lingua straniera.
– come strumento di ricerca per accedere a informazioni non convenzionali
La prima cosa che spesso colpisce vedendo le foto delle opere d’arte su Instagram è la loro dimensione: la volta di Pietro da Cortona così alta e maestosa, la Gioconda così piccola rispetto a come la immaginavamo, una Crocefissione così monumentale quando sul libro è come un francobollo. Lo scarto tra percezione e realtà appare talvolta con più chiarezza in una foto amatoriale sul web che in un’immagine editata del manuale: ritagliata, centrata, ripulita, ma senza il contesto.
– come metodo di ricerca e analisi dei dati (data mining)
Estrarre dati utili per un compito da un database immenso come quello di Instagram; saper leggere criticamente le informazioni trovate; riconoscere l’affidabilità della fonte delle informazioni (un privato? il museo?); valutare la qualità delle immagini; scoprire qualcosa di nuovo, confermare quello che sapevamo, dimenticare quello che pensavamo di sapere (vedi sempre l’esempio della Gioconda).
Discernimento e flessibilità sono abilità sempre più richieste agli utenti del web, man mano che cresce esponenzialmente la quantità di informazioni disponibili online. Gli studenti imparano l’approccio critico nel mondo digitale.
– last but absolutely not least: funziona, quando funziona, da filo diretto con il museo o l’istituzione che detiene l’opera.
Abbiamo inviato all’account Instagram di Palazzo Barberini, tramite l’account della scuola, i nostri hashtag sulla volta, e il museo ci ha risposto ringranziandoci e proponendo il suo elenco di hashtag. Un compito di storia dell’arte è diventato un gioco dentro e fuori la classe, dove gli utenti sono dislocati in luoghi diversi e le mosse avvengono in tempi diversi. L’aver dialogato con un museo importante come Palazzo Barberini ha reso l’opera a noi più vicina, familiare, e soprattutto viva, come l’istituzione che se ne prende cura.
L’esperimento è stato ripetuto con una classe seconda del liceo artistico. Lì l’oggetto del nostro investigare era Giotto, con cui abbiamo scoperto gli effetti della social reputation degli artisti:
– la popolarità di Giotto rispetto a Duccio o Cimabue, per esempio, fa sì che l’hashtag #Giotto venga inserito per attirare like anche su opere non sue. Poco male, ci ha permesso di scoprire autori minori a volte non presenti nel libro;
– il nome Giotto spopola nel mondo del marketing, scelto da negozi, ristoranti, marchi, come quello sulla nota scatola di colori.
Queste esercitazioni hanno richiesto circa un paio di ore di lavoro in classe, l’uso del libro, del quaderno e dei dispositivi mobili personali; la LIM facilita le cose. Il tutto è confluito in un compito in cui si chiedeva agli studenti di elencare per un’opera data un certo numero di hashtag, e di metterli in ordine di pertinenza.
Cosa abbiamo portato a casa? Beh, oltre ad aver passato un paio d’ore divertenti (nell’accezione latina di essere andati altrove), gli alunni hanno percepito quanto le opere d’arte non siano immagini statiche, ma vivano una loro vita lì fuori nel mondo, più vicina alla nostra di quanto avevamo creduto.
Il passo successivo. Al momento ce ne siamo posti due: migliorare la qualità delle immagini che postiamo sui social network e dialogare più spesso con i musei, anche solo per chiedere aiuto nello studio o le informazioni che ci servono per una visita.
Ci sembra che ora Instagram possa diventare uno strumento anche per lo studio.
Ecco alcuni approfondimenti per chi è interessato all’argomento:
Emanuela Pulvirenti ha scritto sull’uso dello smartphone in classe e proposto un compito ad alto tasso di social network sul suo blog Didatticarte.it
Il report annuale Horizon Report 2016 Higher Education Edition ha citato alcuni esempi di uso di Instagram negli istituti di educazione superiore, per esporre i risultati di un lavoro o scambiare idee attraverso gli hashtag.
Su Campus Technology è stato pubblicato un mini sondaggio che evidenzia come gli utenti, pur avendo una piattaforma preferita, utilizzino oggi i social network in modo simultaneo e integrato (Facebook, Instagram, Twitter, Pinterest, Snapchat le più popolari).
Per chi è interessato ai visual studies e big data rimane un riferimento importante il progetto di Lev Manovic e Alise Tifentale Selfiecity in cui vengono analizzati 3200 selfie postati su Instagram in diverse città (Bangkok, Berlino, Mosca, New York, Sao Paulo), resi navigabili grazie alla data visualization ed esplorabili statisticamente per età, angolazione, luce, collocazione geografica, atteggiamento ecc.
I contributi di Lev Manovich, Maximilian Schich e Damon Crockett sulla rivista International Journal of Digital Art History, e in particolare l’articolo di Crockett Direct visualization techniques for the analysis of image data: the slice histogram and the growing entourage plot.
MSB