Nuovi sguardi su musei e digitale nel libro di Nicolette Mandarano (Carocci, 2024)

Dopo aver dedicato nel 2019 un fortunato volume a Musei e media digitali, Nicolette Mandarano – storica dell’arte, docente di Museologia e Multimedialità dei beni culturali all’Accademia di Belle Arti di Frosinone, esperta di curatela digitale – torna sull’argomento, aggiornandone la fisionomia al presente.
Il digitale per i musei. Comunicazione, fruizione, valorizzazione (Carocci 2024) parte ripercorrendo la storia decennale del rapporto fra strumenti digitali e beni culturali, si sofferma sull’esperienza del lockdown, che ha messo in circolo la pratica di comunicare, insegnare, imparare a distanza, e si addentra nel panorama recente e attuale. Un panorama dove convergono, oltre all’evoluzione (e alla moltiplicazione) incessante dei social network, anche nuove entità complesse di produzione e ricerca dei contenuti, collegate agli sviluppi dell’Intelligenza artificiale. A questi ultimi agenti entrati nel sistema della comunicazione, da ChatGPT ai modelli di IA generativa (usata anche dall’archivio Getty in collaborazione con Nvidia), l’autrice dedica la parte finale del paragrafo storico, documentando con recenti convegni come l’IA “stia cambiando il lavoro museale e di conseguenza il modo di vivere il museo”.
In attesa – e in osservazione – degli sviluppi di questi aspetti, il focus primario e centrato del libro è la comunicazione digitale del museo, da non trattare come una mera appendice basata sulla tecnologia, ma come una delle espressioni culturali del museo stesso.
L’orientamento di Mandarano è infatti quello di non considerare mai il digitale e l’analogico come due polarità fra cui scegliere in modo netto e alternativo, ma come due domini d’esperienza da integrare, col fine di favorire accesso più ampio e consapevole a opere d’arte e collezioni, sfruttando al massimo le caratteristiche migliori della comunicazione analogica in presenza e di quella digitale, in presenza oppure on line.
E poiché per farlo c’è bisogno di conoscere, applicare, sperimentare, valutare, tirare regolarmente delle somme, il volume appena uscito si rivela necessario ad aggiornare, senza sostituirlo mai del tutto, quello del 2019.
Chi ha letto e consultato quella prima indagine sul territorio della curatela museale digitale (sempre edita da Carocci), si accorge “di quanta strada è stata fatta” e di come siano cambiate le strategie dei musei e le risposte dei pubblici.
Uno spartiacque fra quel Musei e media digitali (2019) e questo Il digitale per i musei (2024) è stata la pandemia di Covid-19, che ha profondamente cambiato abitudini e percezioni nel rapporto con le tecnologie, rendendo consuete pratiche comunicative miste, investimenti su piattaforme, la presenza di “nuove” figure professionali.

Si può dire che l’autrice del libro incarni una di queste figure, capace di modulare una solida conoscenza storico-artistica con competenze tecniche, ricerche sulla “digital heritage”, sguardi trasversali sul marketing culturale nell’epoca dei social, docenza specialistica: una preparazione sfociata nel proficuo lavoro di Digital media curator delle Gallerie nazionali di arte antica di Palazzo Barberini e Galleria Corsini, che l’autrice ha svolto per anni.
È sulla base di queste esperienze pregresse, e di tanto aggiornamento sui dati (scelte tecnologiche dei musei, risposte dei pubblici, aspetti normativi e legislativi), che si dipanano i capitoli del volume: Il digitale per i beni culturali; Il museo che racconta; Comunicazione digitale per tutti: i fruitori; Risorse on line; La comunicazione social; Lente di ingrandimento su piattaforme social; Tecnologie per la fruizione museale fra on line e on site.

Ogni capitolo presenta la materia in modo chiaro e articolato, che coniuga un sintetico viaggio nel passato; la descrizione dei dispositivi e del loro uso; esempi di buone pratiche e anche di crisi comunicative; valutazioni di efficacia e consigli su come muoversi nelle scelte; considerazioni di respiro culturale e politico.
Pur se allestito (molto bene) come libro cartaceo, Il digitale per i musei è in qualche modo anche un ipertesto stratificato: i paragrafi di ciascun capitolo possono leggersi in modo indipendente, seguendo il filo della propria curiosità, per poi ricollegarsi nel disegno complessivo del volume. Possiamo seguire il tema di come si raccontano le opere e i loro contesti a seconda dello strumento scelto, o approfondire l’accenno alle generazioni e ai loro diversi approcci verso la tecnologia, fermarci su alcuni aneddoti, appuntarsi dati, riflettere sul tema cogente dell’attenzione e del tempo.
U
na delle chiavi d’accesso è per me custodita alla fine del libro, nell’ultima pagina. Concludendo il suo percorso, Nicolette Mandarano nomina Adalgisa Lugli (1948-1995), la grande studiosa del collezionismo enciclopedico, che vedeva nel museo “uno degli ultimi luoghi nei quali si va alla ricerca della meraviglia o del diverso” (A. Lugli, Museologia, p. 10), anche come antidoto a forme di conoscenza intese come consumo e sfruttamento.
Perché il coefficiente di meraviglia di opere e costellazioni di opere continui a essere percepibile a distanza di anni e secoli dalla loro creazione, è necessario che il luogo in cui sono conservate riesca a tradurlo nel presente. Come scrive Mandarano, la cultura umana, con i suoi prodotti anche lontanissimi,  “deve essere sempre e di nuovo immessa in circolo, secondo i modi, le forme e i linguaggi di ogni nuovo tempo”.

Nicolette Mandarano, Il digitale per i musei. Comunicazione, fruizione, valorizzazione, Carocci, Roma 2024
Presentazione: martedì 3 dicembre 2024, Sala Eventi IULM, via dei Montecatini, Roma – ore 18.00

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sulle ricerche di Nicolette Mandarano, art-usi ha pubblicato:
A che punto siamo con “Musei e media digitali”: il libro di Nicolette Mandarano, 9 giugno 2019