Il Video Game Lab di Roma, con la direzione editoriale di Giovanna Marinelli, si sposta quest’anno, 2024, all’Auditorium Parco della Musica, dopo le edizioni a Cinecittà a cui siamo stati presenti e partecipi nel 2018. Ne abbiamo parlato qui e qui.
Tra i tanti appuntamenti e stand dove poter provare videogiochi vintage e di ultima uscita, sabato 27 gennaio è stata dedicata una mattina a riflessioni sul metaverso e l’intelligenza artificiale. Ecco una sintesi di cosa si è detto nei due incontri che abbiamo seguito.
Il primo appuntamento vedeva relatore Simone Arcagni, docente universitario, consulente, autore di La zona oscura. Filosofia del Metaverso (LUISS). Lo studioso ha ripercorso con puntuale bibliografia la genesi dell’idea e del termine metaverso, fino ad arrivare all’attuale stato dell’arte. Partendo dalla definizione che ne dà Matthew Ball in Metaverso. Cosa significa, chi lo controllerà e perché sta rivoluzionando le nostre vite (2022), Arcagni mette l’accento sulla spazialità: il metaverso è un modo di pensare il digitale in una dimensione di spazio.
Sebbene a questo stadio il metaverso si sviluppi ancora per isole e arcipelaghi, non riuscendo a compiere quel salto verso l’interoperabilità auspicata all’inizio delle sperimentazioni, lo spazio è il fattore chiave degli antenati del metaverso, da Second Life al mondo Google maps, fino all’attuale fenomeno planetario della piattaforma Roblox. Anche l’uso di sensori e tecnologie motion capture indicano un’attenzione al movimento e alla spazialità che rendono tridimensionale un’esperienza in rete.
Altre caratteristiche del metaverso sono il rendering in tempo reale, che richiede server e cloud molto potenti, e le modalità di interazione tipiche del gaming (i target, le skill, gli effetti speciali, i multiple players), complice una generazione cresciuta a videogiochi che sta accedendo ai vertici delle aziende e dei governi.
L’incontro si chiude con le criticità, come i costi per rendere il metaverso accessibile a tutti: le infrastrutture, in primis, che richiedono capienza e potenza, e le ricadute economiche, ambientali, politiche di questa corsa alla digitalizzazione del mondo.
La mattinata è proseguita con l’incontro sull’intelligenza artificiale, Atlante culturale IA, sempre con Simone Arcagni e con il filosofo Andrea Colamedici. Tra i molti riferimenti culturali, filosofici e i testi letterari citati, si ripercorre la storia degli automi pensanti, dalla mitologia greca alla letteratura contemporanea, a dirci come la spinta verso la tecnologia e l’espansione dell’essere al di fuori di sé sia stata sempre insita negli esseri umani.
Partendo da Borges Colamedici mette in evidenza come all’entusiasmo di attingere alla conoscenza globale, messaci a disposizione dalla digitalizzazione, segua la disperazione, perché l’accessibilità non è sempre attingibilità, avere gli strumenti non vuol dire poterne trarre giovamento. Il punto è di imparare a vivere su più piani, commenta. E ci ricorda che quando interroghiamo il web, l’esito non è la colletta delle varie risposte, ma un nuovo sistema che organizza la conoscenza al fine di produrre una risposta, la gestione del nostro inconscio collettivo elaborata dal nostro tempo.
Antidoto a questo disorientamento è la riscoperta del senso della meraviglia, e la ricerca di una vita allargata, più che allungata nella sua estensione temporale.
La giornata si è chiusa con l’artista Kamilia Kard che con Toxic Garden Dance Dance Dance ha chiamato il pubblico dell’Auditorium a una performance partecipativa.
Video Game Lab si chiude oggi, domenica 28 gennaio 2024.